DESCRIZIONE
Il territorio delle Serre e delle Preserre calabresi si trova nel punto in cui la Calabria si restringe diventando un istmo, infatti la distanza del mar Tirreno rispetto al Mar Jonio è di soli 35 chilometri. Le Serre fanno parte delle “Alpi calabresi”, che rispetto agli altri rilievi montuosi della regione si caratterizzano per l’alternanza di paesaggi montani e collinari, tanto da conferirle un insolito aspetto a corona, dove i boschi di conifere si affiancano alle latifoglie, e le faggete ai querceti. Tra le specie faunistiche che dimorano su queste alture, meritano una particolare citazione il lupo ed il gatto selvatico, specie in via di estinzione, che in questo comprensorio riescono a trovare ancora degli habitat tali da permetterne la sopravvivenza.
Nel 1990 è stato istituito il Parco regionale delle Serre per tutelare le aree boscate, fittissime a tal punto che l’umanista inglese Craufurd Tait Ramage nel 1820 durante un suo viaggio in Calabria ebbe a dire che in questa zona “… vi era qualcosa di tanto selvaggio e di tanto tenebroso in quelle montagne, dai boschi fitti ed oscuri, da soggiogare la mente …”. Foreste che nel corso degli anni sono andate sempre più diradandosi, ma che ancora oggi rappresentano la maggior parte dei 17.687 ettari dell’area parco, in cui ricade anche una zona umida di valore internazionale, secondo la convenzione di Ramsar, il Lago dell’Angitola di 875 ettari. La caratteristica granitico cristallina e calcaree su alcuni versanti delle rocce che compongono queste alture ha portato alla definizione di piccolo Carso, con grotte, doline, monumenti litici erosi dagli agenti atmosferici nel corso dei secoli, dove si stagliano il monte Mammicomito (1047) e il monte Consolino (701) e la vallata del Precariti, fra i comuni di Bivongi, Pazzano, Placanica e Stilo.
Nel territorio ricade anche la Valle dell’Ancinale, solcata dal fiume omonimo, che si origina dal Monte Pecoraro (in località “Bosco di Santa Maria”, nel comune di Serra San Bruno) e sfocia nel Mar Jonio (nel territorio di Satriano), dopo un percorso di circa 35 km. Lungo il suo percorso troviamo dei luoghi particolari che sono stati antropizzati nel corso degli anni, divenendo siti di interesse naturalistico e storico culturale.
Da visitare
Le Serre racchiudono siti di notevole importanza sia naturalistica che culturale. Le bellezze ambientali sono rappresentate prevalentemente dai boschi e dalle fiumare, che ancora oggi si possono ammirare grazie alla grande opera di rimboschimento iniziata già nel XIX sec., che ha preservato oltre agli alberi anche i molti corsi d’acqua presenti. Più di una visita meritano il Bosco Archiforo, sulle pendici del monte Pietra di Caricatore; il Bosco di Santa Maria, dove si rifugiava in preghiera San Bruno; il complesso della Ferdinandea, una foresta di circa 3600 ettari, dove dominano alberi ad alto fusto, ultrasecolari, la quale si erge fra gli 800 ed i 1400 metri slm, nata come riserva di caccia al tempo dei Borbone e dove venne realizzato da Ferdinando II (dal quale, appunto, il nome), nel 1832, uno dei più importanti centri siderurgici del Meridione, distrutto in gran parte negli anni 70; la fiumara Stilaro che, nel suo corso, incontrando il vallone Folea, da origine alle cascate del Marmarico: formate da tre “salti” in successione, per complessivi 114 metri; il nome deriva da un termine del dialetto locale marmaricu, che significa lento o pesante, ed è proprio questa l’idea che si trae osservando queste cascate…un movimento lento, quasi statiche nella potenza della loro portata.
Altrettanto imponenti ed importanti sono i beni storico-culturali, dall’unicità di edifici come la Certosa di Santo Stefano a Serra San Bruno; anche in altri centri è possibile rinvenire importanti elementi storici: i Megaliti di Nardodipace, strutture ciclopiche che rappresentano un mistero irrisolto e che sono stati definiti “la Stonehenge italiana”; il Castello Normanno di Arena (costruito nell’XI secolo, per volere del Conte Ruggero, su uno sperone roccioso che domina la vallata del Marepotamo, in posizione tale da avvistare possibili attacchi provenienti dal versante orientale e diretti contro la “capitale” Mileto); le tracce del periodo bizantino hanno più importante rappresentazione nel borgo antico di Stilo (città natale di Tommaso Campanella), dove si possono ammirare il tempietto conosciuto come la “Cattolica” ed i resti del Castello Normanno, anch’esso costruito intorno all’XI secolo sempre da Ruggero I, sulla vetta del monte Consolino.
Altri siti culturali, che ricadono in questo comprensorio sono il famoso Eremo del Monte Stella, a Pazzano, realizzato in una grotta naturale, alla quale si giunge percorrendo una lunga gradinata discendente verso l’interno della montagna stessa; il Complesso monastico greco-ortodosso di San Giovanni Theresti (di origine bizantino-normanna), nel comune di Bivongi: l’originaria “cella bizantina” venne arricchita da Ruggero I con affreschi e colonnati, fino a formare quella complessa struttura che, nel 1211, accolse le spoglie del Santo al quale è intitolato. Un sito originale di archeologia industriale è quello denominato “Ecomuseo delle Ferriere e Fonderie di Calabria”, nella vallata dello Stilaro, realizzato, agli inizi degli scorsi anni ’80, dall’ACAI (Associazione Calabrese di Archeologia Industriale); la grande ricchezza mineraria del sottosuolo (ferro e molibdeno, in particolare) ha fatto sì che durante il corso dei secoli si sfruttasse questa risorsa con la creazione di ferriere, fonderie e villaggi minerari (il villaggio Zijia, Campoli-frazione di Caulonia) e desse sviluppo a paesi come Pazzano e Bivongi. Pertanto, il comprensorio si specializzò nel campo della siderurgia e metallurgia; in questo contesto, si colloca l’importante polo siderurgico, sorto a Mongiana, delle Reali Ferriere ed Officine, realizzato dai Borboni tra il 1770-71 (ed attivo sino al 1881) dove si possono ammirare i resti di quello che fu uno dei più importanti centri siderurgici, metallurgici e minerari della nazione, arrivando ad occupare circa 1500 operai; a seguito dell’unificazione, ebbe un rapido declino e, quindi, messo in disuso dal governo Sabaudo. D’altronde, le potenzialità minerarie di questo comprensorio, erano conosciute dagli antichi greci (intorno all’VIII sec. a.C.) e sono state poi, in qualche modo, sfruttato da tutte le popolazioni locali, a tal punto da richiamare tecnici ed esperti provenienti da tutta l’Europa, fino ai primi del ‘900.
Nella valle dell’Ancinale, si trova Cardinale con il Castello Filangieri, ubicato in località “Razzona” (costruito intorno al 1750), dove ad opera di Carlo Filangieri, nel 1784, fu realizzata anche una fonderia con tre fucine ed otto fuochi, che occupava circa 200 operai; distrutta, poi, dall’esondazione dell’Ancinale nel 1855.
Altro castello, del quale oggi è possibile apprezzare importanti resti, è quello della Baronessa Scoppa, localmente conosciuto come “lu casinu di la barunissa” , ubicato in località “Lacina” (zona umida di particolare interesse naturalistico), nel territorio comunale di Brognaturo.
Da visitare, ancora, Satriano con i suoi palazzi storici (Ravaschieri, Principe di Satriano), Gagliato, che si caratterizza per la produzione di olio di oliva, miele e per la sua posizione strategica di snodo tra area collinare e costiera. Qui si trova la stazione e la galleria della ex ferrovia Soverato-Chiaravalle Centrale attiva dal 1922 fino al 1969. Il tracciato, ancora conservato in buono stato, con gallerie percorribili, è utilizzato per escursioni legate al recupero delle ferrovie storiche/abbandonate.
Storia e cultura
La cultura e la storia di questi luoghi è strettamente connessa all’aspetto naturalistico, i boschi, le vallate, le grotte e la natura incontaminata e selvaggia di quest’area sono il motivo di alcuni insediamenti e presenze importanti, nel corso dei secoli. I primi insediamenti sono databili in epoca preistorica, come fanno presupporre i megaliti di Nardodipace, di cui origine e significato rimangono ancora oggi avvolti nel mistero. Qui, infatti, nelle vallate dello Stilaro e dell’Allaro trovarono rifugio molti monaci e anacoreti ortodossi per sfuggire alle persecuzioni iconoclastiche dell’imperatore bizantino Leone III che nel 726 d.C. emanò l’editto con cui dovevano essere distrutte tutte le immagini sacre segno di idolatria. Così dal VII sec.d.C. questa divenne terra d’Oriente, le cui tracce sono ben visibili ancora oggi in alcuni antichi borghi e edifici di culto, come Stilo, borgo del X sec. con la sua Cattolica, un pregevolissimo esempio di chiesa bizantina, con colonne di epoca romana e affreschi, alla falde del monte Consolino; Bivongi, costruita intorno al IX sec. d.C. quando i Saraceni spinsero gli abitanti a lasciare la costa per trovare rifugio all’interno e sulle alture, pare che il nome sia di derivazione greca e significhi “terra del baco da seta”, dove fu eretto il Monastero di San Giovanni Therestis fondato ed abitato dai monaci del Monte Atos in Grecia.
Un personaggio la cui storia è strettamente collegata a questi luoghi è San Bruno, un religioso tedesco di origini nobili e di grande cultura, il quale giunse in Calabria al seguito della corte papale di Papa Urbano II nel 1090 per sfuggire all’invasione del regno pontificio da parte dell’imperatore tedesco Enrico IV. A lui si deve il nome dell’odierna Serra San Bruno, che fu edificata come centro abitato intorno alla Certosa di Santo Stefano fondata proprio da San Bruno nel 1091, grazie alla generosità del conte Ruggero d’Altavilla che concesse al religioso un’area su cui edificare un edificio dedito al culto, che divenne poi nel corso degli anni l’ancora attuale certosa, la quale conobbe fasi alterne di declino e successo, l’odierna costruzione è sede dell’ordine dei certosini e non è visitabile se non nell’area museale.
Il fiume Ancinale, in epoca romana era navigabile, indicato da Plinio come “Cecinum”. Il transito di imbarcazioni consentiva il commercio verso l’interno ed il trasporto del legname dall’entroterra verso la costa, per svariati utilizzi. Gli attraversamenti, lungo il percorso del fiume, erano garantiti dalla presenza di ponti in legno che, però, spesso venivano distrutti dalle frequenti esondazioni. Le acque di questo fiume sono state utilizzate per il bucato, per la macerazione del lino e della ginestra (al fine di estrarre le fibre tessili); per l’irrigazione ed anche, in epoca recente, come forza motrice di mulini e per la produzione di energia.